Le amiche che non ho più. Lucia, Federica, Roberta.

librocarollo

“Lucia era un’impiegata di banca, Federica era una pornodiva, Roberta una mamma e una moglie. Di Roberta non si può dire che “fosse” o che “fosse stata”, perché di Roberta non si sa più nulla. Potrebbe anche essere ancora viva, ma per ora Roberta non “era” e non “è” più nulla.

Le chiamo per nome, queste tre donne che da molti mesi, anni, non sono più tra noi. le chiamo con i loro nomi di battesimo, non per cognome, come farebbero i giudici o la polizia, né con un soprannome, come, per esempio, erano soliti chiamare Federica i consumatori di sesso a pagamento: Ginevra. Oppure, per esteso, Ginevra Hollander.

Di due di loro si conosce la fine. Il corpo di Lucia è stato ritrovato e la sentenza per omicidio e soppressione di cadavere è stata emessa. Il corpo di Federica è riemerso da un lago e si attende il giudizio definitivo a carico di uno psicopatico pluriassassino. Invece Roberta è scomparsa, lasciando tracce praticamente nulle che a fatica possono indurre a pensare a una fuga volontaria. la sua presenza si è estinta all’improvviso, senza alcun preavviso drammatico particolare, alcun indizio personale di volontà di morire o di sparire. anzi, la donna, prima di scomparire, ha lasciato segni del tutto banali, resti di vita quotidiana ordinaria: una lista della spesa incompleta sul tavolo della cucina, un pigiama rosa indossato come ultimo indumento.

Una sua amica mi ha detto, un giorno: «Roberta viveva per i suoi figli. Ma quando mai li avrebbe lasciati? Tu ora non ne hai, ma se un giorno li avrai lo capirai anche tu. Per una mamma i figli sono tutto. Non li abbandona».

Anche se queste tre donne non le conoscevo, e non si conoscevano tra loro, io sto dalla loro parte. E non sto dalla parte dei loro aguzzini, chiunque essi siano. Perciò le chiamo amiche. E poiché sono amiche che non ho più, poiché continuo a occuparmi di  loro testimoniando il seguito dei processi che riguardano le loro scomparse, come portando ogni giorno un fiore alla loro memoria, qui le voglio ricordare riproducendo fedelmente la cronaca, ma uscendone anche, e aggiungendo, dove mi sarà concesso, le verità del cuore che la televisione non può raccontare per ragioni di tempo.

Grazie a Lucia, Federica e Roberta per quello che mi hanno insegnato e comunicato da lontano, da chissà dove.

Grazie a voi per il tempo che dedicherete alle loro storie.”

Inizia così il mio libro, che da oggi per quattro settimane troverete anche in tutte le edicole d’Italia, oltre che nelle librerie. Storie di donne che fanno riflettere, così come fanno riflettere gli ultimi casi di femminicidio di queste ore, di donne uccise in un raptus dagli uomini che dicevano di amarle. Un fenomeno tragico e terribile, sul quale non voglio far calare l’attenzione, come donna e come professionista. Il mio libro ha esattamente questo scopo: ricordare alle donne di essere vigili, in una società che non ci protegge abbastanza. Se anche solo una donna, dopo averlo letto, avrà il coraggio di denunciare una situazione di violenza, o aiuterà una sua amica a farlo, allora potrò dire di aver fatto un buon lavoro. Grazie.

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